Nel 1997 avevo 12 anni ed era tornato di moda il cinema horror.
SCREAM di Wes Craven aveva contagiato anche i miei compagni di classe, ed era tutto un: <<Qual'è il tuo film horror preferito?>>.
Io rispondevo sempre inventandomi qualche titolo per metterli in ambarazzo, anche se in realtà ero l'unica ad avere un minimo di cultura in materia; avendo già letto tutto Poe e Lovecraft, Splatter e Mostri, montagne di fumetti americani e visto diversi classici come La notte dei morti viventi e Non aprite quella porta.
Inoltre in quel periodo, Stephen King era la mia bibbia, Clive Barker il mio vangelo e Dario Argento l'arci papa della mia chiesa personale.
I miei compagni, invece, non andavano molto oltre Dylan Dog, Piccoli brividi, e qualche film visto in seconda serata su Italia 1.
Sempre in quegli anni mi vestivo e mi atteggiavo da gothic lolita, ero più alta di una spanna di tutte le mie compagne, e i maschietti mi sbavavano dietro.
Io ero perdutamente innamorata di Filippo, un ragazzo del mio palazzo che aveva il motorino e andava al liceo.
Filippo non mi filava neanche un po'... ora è sposato con una grassona semi calva che sta tutto il giorno alla finestra a fumare come una ciminiera.
Ad Halloween 1998, organizzai a casa mia una maratona di film horror, con ancora le videocassette, sempre fastidiosamente fruscianti e sempre troppo dannatamente scure.
Non ricordo che film vedemmo, solo che quando non mi facevano ridere mi annoiavano tremendamente (detesto i film Raimi style), l'unico che ricordo con vero piacere è LA CASA 3, imbecillissimo e truffaldino titolo italiano di GHOSTHOUSE di Umberto Lenzi.
Mi mise strizza per vari motivi, il primo (essendo io pupazzo fobica) era il clown pupazzo, il secondo era l'inquietante cantilena infantile, il terzo l'atmosfera cimiteriale che alleggiava su tutto e infine l'apparizione della MORTE, in saio e ossa, come mai avevo visto prima.
A differenza di altre signore del sonno eterno (in Inferno di Argento, Brancaleone alle crociate di Monicelli, Della Morte Dell'Amore di Soavi), quella di Lenzi brulicava di vermi, non parlava e, se non fosse stato per un piccolo movimento quasi impercettibile, la si sarebbe potuta scambiare per una statua, solenne e genuinamente spaventosa.
Per questo bellissimo ricordo, spero che -senza nulla togliere agli altri candidati- il premio letteratura del Linkvolo Festival 2013 vada ad Umberto Lenzi e al suo Spiaggia a mano armata, anche se non l'ho ancora letto.
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